Edoardo MATTEI, “Reincanto Tecnologico. La sfida dell’AI alla Teologia”

ABSTRACT
I  grandi sviluppi e le scoperte scientifiche, alimentarono la fiducia nella tecnologia per un futuro radioso. Nacquero narrazioni in opposizione a quelle tradizionali, ma il disincanto portò una conseguenza non felice: svelate le bugie delle antiche narrazioni, la scienza e la tecnica non riuscirono a riempire il vuoto esistenziale che loro stesse avevano aperto, Oggi prende forma un reincanto del mondo operato dal digitale, il cui cuore è un software sofisticato: l’intelligenza Artificiale. Non è ben definibile: non è il codice con cui è scritto, non è l’output che si ottiene, realizza ciò che è. Non sono questi gli stessi attributi del Divino? L’AI sfida la teologia ad una rinnovata relazione con Dio, gli uomini ed il Creato.

Edoardo MATTEI, CEO Institute for Digital Society, Gruppo Domenico 800


Paper

Reincanto Tecnologico. La sfida dell’AI alla Teologia

Il disincanto del mondo

Il reincanto tecnologico suggerisce il ritorno in uno stato da cui pensavamo di essere usciti. Weber mostrò come miti e religioni spiegassero il mondo e soddisfacessero la domanda esistenziale. Lo sviluppo della scienza permise di falsificare quelle risposte ed erodere lo spazio ai miti ed alle religioni tanto da confinarle nell’angolo dell’intimo e del privato. Conseguentemente. caddero anche quei sistemi di significato e di senso sostenuti dai miti e dalle religioni senza che la scienza fosse in grado di proporne di nuovi. Weber definì questo fenomeno disincanto del mondo. Quando crollarono le grandi narrazioni del mondo ed il muro di Berlino si sbriciolò, si concluse idealmente il «secolo breve» lasciando l’uomo in un vuoto esistenziale, senza riferimenti. Il 1991 sarà un anno chiave. Nel luglio di quell’anno venne smantellato il muro di Berlino ed il seguente 6 agosto, Tim Berners-Lee accese, presso il CERN, il primo sito web al mondo. Un passaggio di consegne storico.

Oggi non possiamo prescindere dal digitale cioè dal software che lo comanda, Guardiamoci intorno: pc, cellulari webcam, riproduttori MP3, Alexa, elettrodomestici, autovetture… il digitale ci circonda. Ci affidiamo al digitale per controllare l’inquinamento, il tempo, il traffico, la salute… Per ogni cosa c’è un’app, una ricerca da fare su Google. 

Il fenomeno cui assistiamo è l’abbandono della realtà naturale per abbracciare un’esperienza mediata dal software che nasconde gli aspetti “elementari” dell’esperienza. Non c’è alcuna differenza se queste esperienze ci vengono offerti dal software o dalla natura. Lo spazio per l’esperienza fisica si riduce e potrebbe portarci a vivere in una bolla con un ecosistema talmente attraente che non ci sarebbe più il desiderio di uscirne.

Il software diventerebbe la spiegazione ultima di tutto, fornendo i dati sensibili attraverso le elaborazioni dei dispositivi digitali. L’uomo non avrebbe più l’immediatezza del dato. Per questo motivo la maggior parte delle nostre esperienze con il mondo circostante sono insidiate dal software. Non percepiamo un dato genuino e, talvolta, quel dato è totalmente precluso all’esperienza. In questo modo il software diventa la spiegazione del mondo, la sua ontologia.

La parte più evoluta del software è conosciuta come Intelligenza Artificiale (AI), fondata su machine learning e big data. L’AI appare come una promessa di governo e controllo del mondo esterno orientato verso un bene ultimo mai così vicino. 

Questo è il reincanto tecnologico. Non sono più i miti e le religioni a dare un senso alla vita, ma il digitale, la potenza del software. 

«Il rischio è che le tecno-speranze digitali possano manipolare e sfruttare la gente, sostituire qualsiasi altro di speranza, includendo più quelle spirituali, e finiscano per sostenere alcune opinione superstiziose», teme Luciano Floridi.

L’alternativa è pensare un mondo dove il digitale è l’approdo finale della speranza di un futuro migliore, pagato, però, con l’occultamento della realtà. Opererà un reincanto del mondo, restaurerà la magia e la meraviglia degli avvenimenti che accadranno (il software le farà accadere) senza alcuna possibilità di spiegazione comprensibile. Sarà un nuovo oracolo, un nuovo dio.

C’è una continuità tra l’online e l’offline, passiamo dall’uno all’altro continuamente come se fosse un ambiente solo, siamo in una nuova epoca storica ed è in atto una integrazione dell’esperienza puramente digitale nel mondo fisico.

Il digitale media la conoscenza del mondo, modifica l’esperienza, guida un cambiamento antropologico, sociale, economico, politico. Dovremmo comprenderlo più che contrastarlo.

Categorie Teologiche del Digitale

Questo è l’ambiente in cui la teologia deve calarsi. Bisogna comprendere come l’uso degli strumenti digitali sta condizionando il pensiero teologico e quali risposte è sfidata a dare.

La teologia muove le sue riflessioni dalla Scrittura dove tecnica e tecnologia, come termini in sé, non sono presenti. Solo con l’avvicinarsi della Rivoluzione industriale, si inizia a parlare di “tecnologia”.

La sapienza biblica è “saper fare”. L’appellativo tektonassegnato a Gesù ha un significato simile a “tecnico”. Ugualmente, l’Antico Testamento non parla di “tecnici” e “tecnologie” conoscendo solo gli “artigiani” ed i “sapienti” nel proprio mestiere. 

Sembra che fin dall’inizio tecnica e tecnologia siano intese in categorie teologiche, una sapienza messa a disposizione da Dio per il benessere dell’uomo, un  dono fatto all’uomo affinché possa vivere meglio, trasformando il mondo per sovvenire alle sue necessità mantenendone, però, la cura e la custodia.

Il digitale può essere pensato in questi termini?

Le caratteristiche del digitale discendono dal software che ne rappresenta l’ontologia. Possiamo provare ad elencarne alcune:

  1. Trasparenza: la pervasività del digitale è così profonda che non ce ne accorgiamo se non quando manca o fallisce. Anche Dio è presente silenziosamente nel mondo, agisce in modo trasparente e ne avvertiamo l’esistenza solo quando qualcosa non funziona. Desideriamo la loro presenza ma non vogliamo averne a che fare direttamente.
  2. Linguaggio: il software è scritto con un linguaggio di programmazione, il codice. Pur potendo essere letto, stampato e compreso, solo un computer può eseguirlo. La Bibbia è composta di 72 libri, scritti in lingue differenti. Tutta la Scrittura, nel suo complesso, rappresenta la Parola di Dio. Gli uomini sono in grado di leggerla, stamparla e comprenderla ma non sono in grado di “eseguirla”, attività che solo Dio è in grado di fare. Dio disse ed avvenne ma nessuno di noi è stato capace di creare la luce con un semplice comando.
  3. Intangibile: chi è in grado di “vedere” il software? Possiamo vedere la stampa del codice o un’app o un’icona oppure un programma in esecuzione, cioè il loro agire ma la domanda è: che cosa è il software in sé, dove sta? Lo avvertiamo solo se viene eseguito. Dov’è Dio? Chi può vederlo? Qualcuno potrebbe indicare qualche cosa che rimanda a Lui: l’Eucaristia, un miracolo, Cristo. Solo dal suo agire possiamo dedurre che Dio era o non era da qualche parte.

Sono sufficienti questi tre esempi per comprendere come le categorie teologiche ben si adattino a descrivere il digitale. Il software viene descritto in termini religiosi, assume caratteristiche divine, è l’oracolo a cui ci rivolgiamo (pensiamo ai sistemi diagnostici utilizzati dalla medicina all’agricoltura) ed a cui affidiamo la nostra protezione (dai sistemi attivi / passivi delle automobili a quelle di sorveglianza ed allarme). 

La secolarizzazione ha avviato il processo di dissoluzione del divino negandone la verticalità e obbligando all’orizzontalità, iniziando un percorso di teologizzazione del secolare: l’amore al nemico diventa tolleranza, la caritasdiventa impegno sociale, l’amore fraterno il “politicamente corretto”, la cura del creato l’ecologia. Insomma, il nostro quotidiano si arricchisce di identità religiosa tanto da diventare densità di struttura e reincantare il mondo. Avendo però escluso Dio, il reincanto suggerisce nuovi idoli ed alimenta la nascita della tecno-religione e la magia con il ritorno al paganesimo di contorno.

Anthony Levandowsky ha visto nell’AI un nuovo dio cui rendere culto nella sua chiesa “Way of the Future” che è finalizzato alla «realizzazione, accettazione e culto di una divinità basata sull’AI sviluppata attraverso l’hardware e il software informativo», come affermato nel documento di fondazione.  

Levandowski si domanda perché non dovremmo assegnare un ruolo divino all’AI se, con potenziamenti incredibilmente superiori a quelli umani, si eseguono compiti nei tempi e con i risultati desiderati. «Questo “qualcosa” sentirà ogni cosa, vedrà ogni cosa e sarà ovunque, sempre. La sola parola possibile per definire questo “qualcosa” – dice Levandowski – è dio ed il solo modo per influenzare una deità è con la preghiera e il culto».

La teologia deve trovare un modo nuovo di parlare alle generazioni digitali il cui anelito spirituale trova appagamento nella promessa di benessere del software. Il contesto è cambiato. Gli interlocutori sono cambiati. Deve cambiare il modo di tradurre la Parola di Dio nel digitale. Ara Norenzayan, professore dell’università della British Columbia di Vancouver, ricorre alla definizione di «apateismo» (fusione di ateismo ed apatia): «non è tanto una forma di dubbio o di scetticismo, quanto di indifferenza; semplicemente non pensano alla religione». Semplicemente Dio non è più il problema impellente, urgente. Si vive anche senza. Perché credere ancora in Dio?

La Verità minacciata dai Big Data

L’AI viene “istruita” con i Big Data, le tracce informatiche della nostra vita digitale. Purtroppo, ci sono troppi dati e non tutti esatti. Esistono strumenti adatti per ricercare informazioni specifiche nell’immensità dei dati raccolti? Analizzarli singolarmente per trovare una teoria risolutiva richiederebbe troppo tempo e questo determina il progressivo abbandono della ricerca delle cause in favore della correlazione, la probabilità statistica per cui dato un evento si manifesti una conseguenza specifica. Correlazione non è casualità ma nemmeno verità. Il reincanto tecnologico fa apparire i big data un oracolo moderno, non dice perché accadrà qualcosa ma prevede il suo probabile realizzarsi. Se funziona, e molto spesso funziona, perché perdere tempo nel cercare la verità? Il verosimile è sufficiente.

Il reincanto tecnologico realizza la magia attesa. È la promessa della realizzazione di un mondo diverso e migliore, dove non preoccuparsi di nulla, tutto funzionerà anche se non sappiamo come. 

La teologia è sfidata ad offrire la verità della vita in un’epoca che si accontenta del verosimile. Presentare la verità è proporre una motivazione alle cose, dare un senso agli avvenimenti. La verità di Dio è una risposta di senso. La funzione profetica non è divinazione. Il profeta è un annunciatore, un portatore della Rivelazione. È accendere una lampada sulla vita. La profezia annulla l’incertezza delle correlazioni dei big data in favore della certezza della visione di Dio.

La teologia deve rinnovare il proprio apparato concettuale e linguistico per accettare la sfida del reincanto tecnologico, comprendere il mutamento storico e proporre in modo nuovo i contenuti di fede. Se Gesù guarisce uno storpio compie un miracolo, non è lo stesso se lo fa la tecnologia? Finché la teologia non sarà in grado di smentire queste affermazioni, sarà perdente contro il reincanto tecnologico.


Bibliografia

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  • Brambilla F.G., Rivoltella P. C.,Tecnologie pastorali. I nuovi media e la fede, Scholé (Editrice Morcelliana), 2018
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  • Harris M., Inside the first Church of Artificial Intelligencein Wired, 15 novembre 2017
  • Jurgenson N.˛ Digital Dualismo vs Augmented Realityin  Cyberology, 24 febb 2011 http://tiny.cc/nedpaz
  • Mattei Edoardo, Cristiani nel Digitale. Sfide e proposte per una cultura digitale cristiana, I4DS, 2019
  • Mayer-Schonberger V., Cukier K., Big Data, Garzanti, 2013
  • Vaccaro A.,La linea obliqua. Il ruolo della tecnologia nella riflessione teologica, EDB, 2015

Biografia

Edoardo MATTEI, CEO Institute for Digital Society, Gruppo Domenico 800

Business & Technology Consultant; Docente di Teoria dei Media Digitali all’ISSR Mater Ecclesiae – Pont. Univ. S. Tommaso d’Aquino Angelicum; Founder Institute for Digital Society. Nell’ultimo periodo ha partecipato al Rieti Digital (conferenza su IA e Telemedicina),  alla XIII Conferenza ESPANET Italia – Ca’ Foscari (conferenza sugli scenari futuri dell’economia digitale) ed  ha pubblicatoCristiani nel Digitale. Sfide ed opportunità per una cultura digitale cristiana, I4DS. È Responsabile Provinciale della Comunicazione del Laicato Domenicano (ex terz’Ordine).