App per il tracciamento? “Se è quella sbagliata potrebbe essere peggio che inutile”

In italia da lunedì 15 giugno l’App Immuni sarà pronta per essere usata su tutto il territorio nazionale. La sua uscita sperimentale in alcune regioni è stata accompagnata da tante polemiche sia sulla grafica scelta e subito cambiata, sia sulle questioni legate alla privacy. Mentre nel primo caso il dibattito social è stato concorde nell’esprimere una condanna definitiva – la soluzione adottata è stata percepita come promotrice di un’immagine alquanto stereotipata della donna – nel secondo caso le opinioni sono molto divergenti.

Dal dibattito mediale si possono individuare due schieramenti i pro e i contro o, per dirla alla maniera di Umberto Eco, apocalittici e integrati.

Rimane il fatto che l’app è stata realizzata e che il numero di download dichiarati è molto consistente. Quali sono i punti di riferimento in un dibattito così complesso?

Luciano Floridi, docente di filosofia ed etica dell’educazione, durante la fase di preparazione dell’app in un articolo su Agenda Digitale solleva in una visione inclusiva più che la questione della privacy quella dell’equità. «Una buona app deve far parte di una strategia più ampia e deve essere progettata per supportare un futuro equo».

Per lo studioso non c’è dubbio sul fatto che un’app pensata, sviluppata, ed elaborata soprattutto per essere d’aiuto in un contesto di emergenza sanitaria come quello attuale, «se sbagliata potrebbe essere peggio che inutile, in quanto causerà problemi etici e potenzialmente esacerberebbe i rischi relativi alla salute».

Insomma etica e salute continuano ad essere nel dibattito attuale elementi inscindibili ribadendo che efficacia ed efficienza non sono concetti che si scontrano con una visione etica inclusiva.


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