Luciano Floridi: “Governance: più ne parliamo, meno la applichiamo…”

Le due idee in fondo sono semplici: da una parte il digitale, dall’altra la green economy. Si possono unire nel nome della sostenibilità e di una economia circolare. E se mettiamo al terzo posto la capacità di governare la trasformazione, rendendola efficace e valida per tutti i paesi, avremmo risolto i problemi dell’umanità!

In fondo è tutta qui la prospettiva espressa dal prof. Luciano Floridi, docente di filosofia ad Oxford, uno dei nomi più noti nella riflessione sul significato, le potenzialità, i rischi del digitale. Il suo ultimo libro non a caso si intitola «Il verde e il blu» (Raffaello Cortina Editore) e contiene, oltre all’analisi, delle proposte concrete per migliorare la politica e la vita delle persone.

La redazione lo ha incontrato: lui a Oxford, noi a Roma, per un dialogo a tutto campo.

Partiamo proprio dall’idea di governance. «Non credo che tutti abbiamo le idee chiare sul significato ed anche l’inglese del termine non aiuta. Oggi per governance si intende la la trasformazione di piani, di strategie, di idee, in realtà. Magari all’interno di un’azienda oppure se volete all’interno dell’università o in un governo o nell’Europa stessa. La governance è molto importante: di buone idee ne abbiamo molte, non siamo mai stati tanto intelligenti quanto oggi. La difficoltà è nella traduzione in pratica».

E come si applica la governance all’Intelligenza Artificiale?

«L’intelligenza artificiale è una sorta di ombrello che raccoglie in sé moltissime diverse tecnologie, scienze e prassi. Si  va dal riconoscimento automatico del linguaggio al robottino che taglia l’erba… Allora la traduzione di governance e la sua declinazione con l’Intelligenza Artificiale in fondo è semplice. È come se dicessi: abbiamo una grande capacità di azione per risolvere i problemi; una capacità in crescita, una sorta di bacino di energia che possiamo utilizzare per capire, risolvere, migliorare tante situazioni. Con l’Intelligenza Artificiale abbiamo la possibilità di trasformare buone pratiche in buoni risultati e questo è esattamente  il compito della governance».

Certo non dobbiamo cadere nell’ingenuità di pensare che sia tutto facile, semplice, a portata di mano… «Possiamo tradurre governance anche come  regolamentazione delle funzioni che deve compiere l’Intelligenza Artificiale soprattutto nell’impatto con gli utenti. Nel tradurre una grande capacità di azione in soluzioni, puoi seguire alcune linee guida; a volte le linee guida sono auto-imposte e si chiama autoregolamentazione, per esempio nel caso di un settore aziendale quando definisce dei codici etici, oppure attraverso delle legislazioni. E allora la governance non avviene nel vuoto delle regole del gioco».

È vero tuttavia che oggi mancano regole precise e condivise, a fronte di un potere molto forte delle aziende ovvero per l’invadenza di alcuni settori commerciali che catturano i dati degli utenti per i loro scopi, ed hanno la possibilità di costruire piattaforme per controllare settori sempre più ampi dell’economia e condizionare la politica e la vita sociale.

Da questo punto di vista il prof. Floridi giudica molto importante la firma, a Roma, il 28 febbraio di un documento di intenti sull’etica nell’applicazione dell’Intelligenza Artificiale, promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita e firmato da Microsoft, IBM, FAO, governo italiano (www.romecall.org).

 «Il fatto che alcuni abbiano firmato e altri ancora no è il segno che abbiamo dei settori più sensibili sul tema etico dell’utilizzazione delle tecnologie, dell’utilizzazione dei dati ed ho l’impressione che sia un buon segno di maturazione del settore. Allora in questo contesto assistiamo all’apertura di un barlume di speranza, nel senso che facendo bene, portando le persone intorno al giusto tavolo, con la giusta prospettiva, i risultati si possono ottenere. Insieme alla Pontificia Accademia, con cui ho collaborato, avvertiamo  la necessità di ampliare questo tavolo, invitando più persone a farne parte. Bisogna far sì che sia un tavolo universale dove possiano condividere gli stessi valori per entrare in una nuova fase».

La nuova fase è «unire politiche verdi e politiche blu, cioè economia Green ed economia digitale in modo circolare e per favorire un modo di vivere centrato sulla qualità delle relazioni». E per fare in modo di costruire un mondo più accogliente per tutti.

«Lo si fa – nota il prof. Floridi – migliorando radicalmente come innoviamo, produciamo e consumiamo prodotti e servizi. E anche qui il digitale può aiutare: per fare meglio, di più e altro, con molto meno o in modi alternativi. Il debito che lasceremo a chi verrà dopo di noi sarà tanto inferiore quanto migliore sarà il matrimonio tra il verde dell’ambientalismo, dell’economia circolare e della condivisione, con il blu delle tecnologie digitali a servizio dell’umanità e del pianeta. Attraverso il digitale dobbiamo passare da un capitalismo consumistico a un capitalismo della cura. Non sarà facile ma il progetto è umano per il nostro secolo».